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23 settembre 2019
Coffee Hunter: Interview with Francesco Sanapo
 

Pietra miliare del caffè è un un punto di riferimento sia per i rosters che per i baristi in Italia e all'estero.


Chiunque si fermi a bere un sorso del suo caffè in Ditta Artigianale, a Firenze, si porta via con sé una bella esperienza e una storia emozionante fatta di amore, sacrificio, passione e grandi sfide superate con il massimo entusiasmo.

Per chi lo conosce sa già cosa intendiamo dire, ma per chi non lo conoscesse vi presentiamo un uomo dalle mille energie e dalle mille sorprese: Francesco Sanapo.
 

Ciao Francesco, lasciamo a te raccontarti. Come ti descriveresti?


E' difficile descrivermi - perché chi si descrive omette sempre le qualità rischiando di essere poco modesto - comunque Francesco Sanapo è una persona che vive per il caffè e con il caffè. E' un ragazzo fortunato perché ha fatto della passione il suo lavoro e ha come missione principale quella di scrivere una nuova pagina del caffè italiano, cosa che hanno fatto i nostri predecessori, tanto è vero che il caffè made in Italy è sempre quello che ha un valore immenso. Solo che il nostro compito oggi è lottare, lavorare, ingegnarci per scrivere la continuazione di questa storia bellissima.
 

Cosa ne pensi della Torrefazione italiana?


Penso che abbia fatto scuola per tanti anni, ma credo sia arrivato il momento di una evoluzione, di uno sviluppo... come tutte le cose. Non è una critica la mia, è semplicemente un aggiornarsi coi tempi, guardare il cambiamento del caffè che avviene all'origine. Ciò che abbiamo oggi - e te lo dice uno che spende gran parte del suo tempo viaggiando nei paesi di origine - non è il caffè che c'era dieci anni fa. C'è stata un'evoluzione: differenti varietà botaniche, differenti processi agronomi e differenti processi di fermentazione, hanno fatto sì che il caffè subisse un evoluzione del gusto. Le nuove generazioni hanno voglia di caffè ma anche di ascoltare un'altra storia. L'evoluzione non la si può fermare, è in atto. Se per fare la miscela che dava il gusto dell'espresso italiano fino a ieri si mettevano insieme quattro caffè - sempre i soliti e si andava avanti così - oggi anche quei quattro caffè sono cambiati. Per forza di cose stiamo attraversando un problema come il cambiamento climatico, dove la sfida più grande per il caffè è adattarsi al clima e quindi cambiare.
 

Sei stato molto importante per l'ideazione del Roast Masters. Come è nata l'idea precisamente?


Quando ci incontriamo io e Ludovic (Director Of Events e Co-Founder di Allegra Events, organizzatrice del Festival) siamo un'esplosione di idee, non possiamo stare insieme! Secondo me Allegra Events dovrebbe vietare il nostro incontro (ride ndr.) E' nata semplicemente con un amico, ci accomuna questo modo di vivere con passione le cose. A Londra ho incontrato Ludovic e il team Allegra e ho esposto questa formula di competizione che un po' secondo me mancava, loro l'hanno sposata in pieno e... ci siamo divertiti!
 

Perchè è importante come gara?


Perchè quella del torrefattore è stata sempre una professione nascosta, quasi come il segreto della miscela, e quindi la mia idea è quella di dare visibilità al tostatore, a chi è in laboratorio a tostare.
 

Poco tempo fa sei andato in Uganda per un progetto chiamato "Coffee Hunter". Di cosa si tratta precisamente?


E' una serie Tv e ogni puntata è girata in un Paese diverso. Abbiamo appena iniziato a girarlo in Uganda. E' un progetto che sento profondamente e che è forte nel mio cuore. “Coffee Hunter” è semplicemente il racconto del caffè, secondo i miei occhi, la mia visione e il mio modo di essere, per dare visibilità a tutti quei produttori che spesso sono dimenticati dal cosiddetto intendere il caffè “come un a medicina”. Quando si beve il caffè senza dare importanza, io dico sempre: “bevono il caffè come se fosse una medicina solo per svegliarsi”, tralasciando tutto quello che di bello c'è dietro quella tazzina. “Coffee Hunter” è il racconto di un viaggio alla ricerca del miglior caffè, o del caffè più buono, ma dietro il buono voglio includere tutto, non solo le qualità in tazza. Dev'essere un caffè sostenibile con il produttore attento a proteggere la terra. Posso anche andare oltre il fatto che da 90 sia 86, un punteggio in tazza più basso ma con potenzialità più alte, perché poi insieme, tutti insieme, io e il produttore possiamo arrivare a quel 90 tanto ambito. E' questo il progetto Coffee Hunter, mettere in mostra il caffè con i suoi colori, la sua natura, la sua bellezza.
 

Te l'avranno chiesto in molti, ma perché l'Uganda?


Una decisione naturale perché si voleva un Paese che avesse bisogno di visibilità, un Paese che avesse bisogno realmente di me e del mio aiuto.
 

Tornando in Italia: cosa si dovrebbe fare per sensibilizzare maggiormente il tema "caffè"?


Educare il consumatore è la missione più grande ed una grande sfida, la strada forse più importante per arrivare a un aumento della qualità. E' inaccettabile pensare che ancora oggi il caffè possa costare ottanta centesimi, ma anche un euro è troppo poco. Oggi il caffè vive dei momenti davvero difficili di cambio climatico, di malattie che stanno colpendo la pianta per via di varie situazioni e il produttore non riesce a vivere con un euro per tazzina, così non c'è sostenibilità economica da nessuna parte della filiera.
 

Il futuro dell'Italia come sarà?


Per forza di cose bisognerà mettere in atto uno sviluppo, vedo un futuro più orientato verso un caffè di qualità e una maggiore attenzione. Seconde me si dividerà molto tra eccellenza e low quality. Forse andrà a diminuire sempre più la media qualità, non lo so, però sicuramente ci sarà un innalzamento dello specialty coffee. Non lo vedo nel senso prossimo immediato, forse bisognerà aspettare cinque anni per iniziare a vedere un orientamento mirato all'eccellenza, perché il caffè in Italia è un prodotto così popolare che prima che venga cambiato realmente passerà del tempo. Ma sicuramente un forte cambiamento è già iniziato.
 

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